Il
27 giugno 2012 scorso, presso la Prefettura di Vibo Valentia, è stato firmato
un “protocollo d’intesa finalizzato ad accelerare i procedimenti di demolizione
delle opere abusive conseguenti a sentenze passate in giudicato, di cui al
Decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001 num.380”.
Il
protocollo è stato sottoscritto tra la Procura della Repubblica, la Prefettura
e “gli undici comuni ove si rende maggiormente necessario ed impellente
procedere alla demolizione di manufatti abusivi, ovvero Vibo Valentia, Acquaro,
Fabrizia, Mileto, Nicotera, Pizzo, Ricadi, San Calogero, Serra San Bruno,
Soriano Calabro, Tropea”.
Dello
sfruttamento scellerato del territorio vibonese, ne abbiamo parlato in altro
post (leggi qui il post “Terra!Terra!Terra!”).
Sempre nei giorni scorsi, è uscito anche il report “Mare Monstrum 2012” di
Legambiente (qui si può scaricare il report completo), che, a sua volta, ha
ulteriormente certificato lo stato di rischio per l’assetto idrogeologico e la
qualità dell’ambiente, dovuto principalmente all’abusivismo e alle numerose
violazioni in materia di edilizia in Calabria e, tra le province calabresi, in
particolare Vibo Valentia.
Il “Piano
Provinciale di Coordinamento Territoriale” di Vibo Valentia, già nel 2004 evidenziava
- oltre allo scellerato sfruttamento del territorio - come, secondo le cadenze
storiche che vedono il territorio vibonese soggetto a eventi sismici
significativi ogni novant’anni circa, ci si aspetti nel breve periodo un forte
terremoto – battezzato dagli esperti “The
Big One” -, che coinvolga il territorio vibonese. Da qui l’importanza di
porre rimedio, deciso e immediato, agli squilibri idrogeologici causati dalla
scelleratezza e dall’ignavia dell’uomo.
Abbiamo
già avuto modo di constatare la fragilità del territorio – e la sua tragica
pericolosità – in occasione, principalmente, dell’alluvione del luglio 2006. E
con essa, la totale inadeguatezza degli amministratori, tecnici e politici. Non
vogliamo, quindi, nemmeno immaginare cosa possa succedere in occasione del “Big
One”. E se è vero che i terremoti non si possono predire, è altrettanto vero
che si possono prevenire.
Anche
in questo “quadro” (certamente, parziale), s’inserisce dunque il protocollo
firmato anche dal comune di Vibo Valentia. Cioè, lo stesso comune che è salito
agli “onori” della cronaca – anche nazionale – per un’operazione che, nella
sostanza, ha utilizzato i soldi dei cittadini onesti, quelli che pagano tutte
le tasse, per acquisire – e, nelle intenzioni del Sindaco D’Agostino e del
Consiglio Comunale di Vibo Valentia, “sanare” – il Pennello. Un quartiere
totalmente abusivo, che vede, forse primo tra gli abusivi, anche lo stesso
Comune di Vibo Valentia.
Una
volta che il “protocollo” sarà diventato operativo - ovviamente, appena sarà
reso pubblico il dettaglio del protocollo, ci riserviamo di analizzarne i dettagli
-, che ne sarà del Pennello? Sarà demolito, come dovrebbe secondo logica e giurisprudenza?
O, semplicemente, verrà soltanto spostato l’asse del rimpallo di
responsabilità, passando così da quello Comune-Demanio a quello Comune-Regione?
Dal
21 maggio scorso, il “compendio” del Pennello è stato acquistato dal Comune di
Vibo Valentia. Alla luce del “protocollo” (e della legge in vigore) si
assisterà certamente ad una paradossale situazione in cui il controllato e il
controllore sono lo stesso soggetto. In parole povere, il Comune di Vibo
Valentia demolirà se stesso? Come affronterà situazioni su cui già da anni
pendono sentenze di demolizione che non sono state applicate esclusivamente per
uno stucchevole rimpallo di competenze?
La
legge cui si fa riferimento nel protocollo d’intesa annunciato, cioè il D.P.R. n.380 del 6/6/2001, meglio
conosciuto come “Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, al Capo II
(“Sanzioni”) art.31, al comma 2 recita: “Il
dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata
l’esecuzione di interventi in assenza di permesso […], ingiunge al proprietario
e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel
provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3”,
il quale dice: “Se il responsabile
dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi
nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime […]
sono acquisite di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.”
Inoltre,
il comma 6, recita testualmente: “Per gli
interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali
o regionali, a vincoli di inedificabilità, l’acquisizione gratuita, nel caso di
ottemperanza all’ingiunzione di demolizione, di verifica di diritto a favore
delle amministrazioni cui compete la vigilanza all’osservanza del vincolo. Tali
amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al
ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Nella
ipotesi di concorso dei vincoli, l’acquisizione si verifica a favore del
patrimonio del comune”.
Ebbene,
riferito alla situazione del “Pennello”, cosa vuol dire ciò?
Innanzitutto,
che, al di là delle precisazioni da azzeccagarbugli date dal Sindaco D’Agostino
(leggi il comunicato
stampa dell’ 8 maggio scorso pubblicato da ApprodoNews.it), nella tanto strombazzata
“operazione Pennello” (definita trionfalmente dallo stesso Sindaco “una risposta, perché qui si trattava di una
situazione di diritti negati”, cui ha fatto eco il senatore Francesco
Bevilacqua – autore nel 2004 di un ancora più sciagurato disegno di
legge che voleva ampliare l’area “lex free” anche a Bivona, per un totale
di 210.000 metri quadri -, che, attingendo a piene mani dal “manuale del
piccolo populista”, ha dichiarato: “la
zona che adesso è nel degrado dovrà tornare al suo splendore” - stigmatizzata,
assieme a tutta l’operazione, anche da Gian Antonio Stella sul Corriere della
Sera del 6 giugno scorso; qui
l’articolo completo), si evidenzia almeno una verità sacrosanta: è stato doppiamente
sprecato denaro pubblico. Denaro dei cittadini vibonesi onesti, quelli che
pagano tutte le tasse, per portare a termine un’operazione sciagurata.
Il
“compendio” del Pennello – quello totalmente abusivo, in particolare quello
lato mare, per intenderci – proprio in base alla legge cui fa riferimento il
protocollo firmato in Prefettura è, infatti, da considerarsi già acquisito a titolo gratuito dal
comune di Vibo Valentia, senza aspettare alcuna sentenza passata in giudicato,
bensì solo i 90 giorni previsti dalla legge dalla comunicazione dell’ufficio
tecnico comunale. Basta ricordare - come ha fatto anche Gian Antonio Stella sul
“Corriere della Sera” - che le case
abusive del Pennello sono “così abusive da non poter approfittare né del primo
condono del 1985, né del secondo del 1994, né del terzo del 2003”.
A
questo punto, appare più chiaro anche a cosa si riferisce l’operazione di
acquisto del Pennello.
In
termini giuridici, l’acquisizione del “compendio” Pennello, proprio per le
ragioni appena esposte può valere, in sostanza, solo per quelle aree “tra la
strada provinciale e il torrente bravo” - secondo la denominazione e
l’identificazione data dalla legge n.81/73, meglio conosciuta come “Legge
Murmura”…, su cui si basa “giuridicamente” tutta l’operazione -, su cui sorgono
i fabbricati industriali, ora dismessi, che a suo tempo hanno indubbiamente
avuto le regolari autorizzazioni da parte degli organi competenti.
Del
resto, basta fare due calcoli: la superficie oggetto del contratto d’acquisto è
di 150.550 metri quadrati, cioè ca.15 ettari. Tanto quanto l’area industriale dismessa di Viale dell’Industria,
lato monte. Evidenziando che l’area compresa tra il torrente Bravo e il
torrente S. Anna rimane comunque fuori dalla compravendita. Il resto, case o
non case, è solo ed esclusivamente spiaggia. A chi legge, le conclusioni… In
attesa di sentire i pareri della Corte dei Conti e del Catasto, oltre che
l’effettiva applicazione del protocollo d’intesa (quindi, l’impegno) firmato in
Prefettura anche dal Comune di Vibo Valentia.
Nel
frattempo, con quali “promesse” o arringhe difensive, il sindaco D’agostino,
riuscirà a placare le preoccupazioni e – se la legge, prima, ed il protocollo
d’intesa, poi, saranno rispettati – le tensioni di chi sarà “inserito” nei
luoghi in cui “si rende maggiormente ed impellente procedere alla demolizione
di manufatti abusivi”?
Tutti
noi sappiamo che il Pennello, in questa speciale classifica, è “leader”
indiscusso…
Oppure
bisogna pensare che la mossa “Pennello” serva proprio ad annullare o comunque
rendere inefficaci le sentenze passate in giudicato, “condicio sine qua non”
per considerare “impellente procedere alla demolizione di manufatti abusivi”?
La
politica (quella con la “p” minuscola, il principale agente inquinante del nostro
territorio…) ha sempre affrontato la “questione” Pennello come se i problemi
fossero causati “dalle pastoie burocratiche del Demanio” e non invece
dall’abusivismo criminale, senza controllo alcuno (laddove non si può parlare
di vera e propria collusione e/o connivenza) da parte degli organi di comunali
preposti allo scopo. Si deve dunque dedurre che gli amministratori di oggi non sono
altro che prosecutori di tale sciagurato “modello”, che ha alla base interessi
diversi da quelli del territorio e della Comunità vibonese tutta.
Solo
uno sprovveduto può pensare che l’acquisizione del Pennello possa considerarsi
un investimento che porterà alle casse del Comune soldi dagli oneri di
urbanizzazione (principale fonte di finanziamento dei Comuni bigotti).
Andando
a considerare il “Piano di riqualificazione urbana del quartiere Pennello”,
notiamo che sui 15 ettari circa della superficie interessata, il progetto di
risanamento dell’area prevede ca. 6 ettari tra piazze (due, stimabili in circa
1 ettaro di superficie), parcheggio (per 4000 auto!, che in termini di
superficie equivalgono a circa 4 ettari di asfalto) e lungomare di 1 km. E,
nonostante vi sia il vincolo di dedicare almeno il 20% dell’area (cioè 3
ettari) a verde pubblico (legge n.81/73, che recita anche: “l’inadempimento,
anche parziale, di tali condizioni comporta la risoluzione della vendita”), a
tale scopo non vi si trova alcun riferimento.
Questa
colata di asfalto e cemento ci costerà oltre 6.000.000 di euro. Per la
precisione, 6.292.000,00 euro.
Inoltre,
sempre nello stesso “Piano di riqualificazione urbana del quartiere Pennello”,
si fa riferimento al recupero degli edifici esistenti in misura del 60%. Senza,
però, specificare con quali risorse. A questo punto, due domande sorgono
spontanee:
1.
Con quali soldi si pensa di recuperare il 60%
degli edifici esistenti?
2.
Il rimanente 40% degli edifici (abusivi)
esistenti, sarà demolito? In che tempi? Con quali soldi?
Non
occorre essere urbanisti particolarmente attenti, per capire che Vibo Marina
manca di un polmone verde, purchessia. Mentre l’aria è sempre più ammorbata da
ogni tipo di inquinamento, pubblico e privato.
Infine, per capire che il
“Piano di riqualificazione urbana del quartiere Pennello” sarà
l’ennesima…mangiatoia a scapito della popolazione e del territorio, basta
leggere quanto riportato al punto 8 dello stesso “Piano”:
“8. Piano di gestione (da
predisporre per le proposte di interventi infrastrutturali e immateriali,
finalizzati alla creazione o ampliamento di strutture per l’erogazione di
servizi di interesse pubblico)
Non è previsto per tale intervento.”
E ho detto tutto…
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