giovedì 4 ottobre 2012

I figli della Lupa(ra)


Oggi gli studenti di Reggio Calabria scendono in piazza contro lo scioglimento del consiglio comunale. In poche parole, ci sarà una manifestazione di più o meno consapevoli “balilla 2.0”, figli di quel lupo senza scrupoli, mentore e sintesi dello sciagurato “modello Reggio”, che risponde al nome di Giuseppe “SuperPippo” Scopelliti.
Gli studenti manifesteranno contro lo scioglimento - pressoché scontato - del Comune di Reggio Calabria. Scioglimento dovuto alle pesanti infiltrazioni mafiose e conseguente condizionamento, non ad un capriccio burocratico. 

Il “bravo governatore” inquisito Giuseppe Scopelliti, sa benissimo che “i punti di forza dell’essere e del fare mafioso sono il controllo del territorio, il consenso sociale, il sistema delle relazioni, i legami con la società civile”. Come sa perfettamente il valore - socialmente e politicamente non effimero - delle manifestazioni dei giovani: essi rappresentano il futuro. Soprattutto, essi sono i meno condizionati da gravami economici, culturali, sociali: i giovani sono i più puri, perché meno compromessi. 

Manipolare i giovani, soprattutto “usandoli” strumentalmente per una manifestazione contro lo scioglimento per mafia del comune di Reggio Calabria, significa “far vedere” - alle autorità che promuovono e difendono la legalità, oltre alla cosiddetta società civile ed elettorale - che nemmeno in futuro la ‘ndrangheta sarà sconfitta. E la responsabilità di ciò è inequivocabilmente della classe politica attuale, quella che ha promosso e difende il “modello Reggio”, che ne ha fatto la corda a cui sta impiccando tutta la Calabria e che ha il suo punto di riferimento nell’ex sindaco di Reggio Calabria ed attuale Presidente della Regione Calabria: Giuseppe Scopelliti.
Per distruggere questo sistema bisogna dividere quanto la ‘ndrangheta vuole unire, separare quanto la ‘ndrangheta vuole tenere legato.

 I mass media, al solito, molto probabilmente enfatizzeranno e generalizzeranno in maniera anche strumentale: questi “balilla 2.0” saranno rappresentati come la “meglio gioventù” calabrese. Dal canto mio, resto convinto che non lo siano affatto: né la “meglio gioventù”, né tantomeno la maggioranza dei ragazzi calabresi. 
Resto convinto che la meglio gioventù e la maggioranza dei ragazzi calabresi sia rappresentata dalle tante ragazze (e ragazzi), come la studentessa Arianna Papagiorgio, la quale si dissocia pubblicamente dai suoi compagni di scuola e colleghi studenti “balilla”, perchè: “Noi studenti siamo la rivoluzione, perchè è dalla cultura che si deve ripartire, perchè un popolo ignorante è il migliore da governare. Ed io non voglio essere governato, voglio governare! Il popolo è sovrano, non mero strumento di sovranità. Io non voglio la mafia nel mio comune, non voglio la mafia nella mia nazione, non voglio la mafia! Voglio laurearmi e vincere una gara d’appalto anche se non sono figlia di nessuno. Voglio aprire un bar senza che mi venga chiesto il pizzo. Voglio essere un libraio e vedere che i buoni libro non vengono a ritirarli con il Maserati. Voglio costruire la mia casa senza dovermi preoccupare di chi abita nel terreno accanto. Voglio essere rifiutata per un lavoro perchè ha vinto la meritocrazia. Voglio onestà! Voglio legalità! Voglio giustizia! Per me, per i miei genitori che continuano a sacrificarsi, per i cittadini onesti che non possono svolgere il loro lavoro perchè continuamente ostacolati, per i miei figli che quando un giorno nasceranno vorrei che lo facessero in una nazione migliore”.
In Calabria accadono fatti spaventosi, sia dal punto di vista materiale, sia economico sia morale. Di ogni cosa, “tutti lo sapevano, da sempre” e nessuno fa mai niente. La Comunità diventa una sorta di spettatore passivo di un duello che riguarda altri. Nella migliore delle ipotesi lo spettatore diventa tifoso, proprio come in questa sciagurata “operazione balilla” di oggi a Reggio Calabria.
Ma i ragazzi calabresi sappiano che il tifoso non diventa mai protagonista, resta sempre ai margini del duello.
Quindi occorre una rivoluzione. Una rivoluzione non certo bellica, bensì morale. E, soprattutto, sociale.
Un rivoluzione che non ha bisogno di eroi, perché l’eroe è spesso il risultato di una sconfitta.

In una terra dove tutti si conoscono e tutti sanno le cose che accadono, sarebbe una vera e propria rivoluzione etica e sociale quella di rifiutarsi di stringere la mano a certa gente. Perché non stringere la mano significa che il contrasto di interessi va risolto affidandosi alla regola legale e non al mafioso - o al suo derivato - che assicura un vantaggio fuori dalla regola. Non stringere la mano significa che il cittadino titolare di diritti li esercita e non vi rinuncia, non li svende né li compromette.
Ecco, mi piacerebbe che a Reggio e nel resto della Calabria, gli studenti - e non solo  -scendessero in piazza in silenzio, con una sola parola d’ordine: “Io non ti saluto”. Sarebbe una rivoluzione vera: togliere il saluto a chi, direttamente e/o indirettamente, è colluso con la ndrangheta, di ogni tipo: nera, rossa, grigia... 

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