mercoledì 23 novembre 2011

#YesWeTax


Sono periodi, questi, in cui abbiamo imparato che il differenziale non è più solo un “organo meccanico che distribuisce il momento torcente tra le due ruote motrici” (def. wikipedia), ma è diventato il famigerato “spread"...  (Al supermercato si sentono casalinghe chiedere al banconista:  “ A quanto va lo spread, oggi?”).  In questo sciagurato 2011, si stanno facendo più manovre che nemmeno in un parcheggio affollato... Si sentono, in ogni momento, talmente tante “ricette” per la soluzione della crisi che, quanto prima, qualcuno pubblicherà “Il Cucchiaio d’argento della finanza pubblica italiana”. E allora, mi sono chiesto: tu cosa faresti? 


Non sono un economista, ho una memoria che fa schifo e diffido dagli pseudo-giornalisti che raccolgono dichiarazioni e non fanno domande specifiche. Così sono andato a cercare un po’ di numeri, per poter elaborare un pensiero (credo) logico.   

Questo:


Dai dati noti, risulterebbe che:
  • in Italia siamo 60 milioni di abitanti.
Questi dati mi fanno fare il seguente ragionamento:
Il fisco italiano dovrebbe incassare ca. 127 mld € (PIL x 18% evasione x 43,8% pressione fiscale) in più di quello che riesce ad incassare. Cioè incassa 407 mld € anziché 534 mld €, il 24% in meno.
Questo vuol dire che, statisticamente (è la media dei "polli"), ogni italiano paga realmente ca. 8900€ (534 mld € / 60 mln abitanti) mentre il fisco riesce riesce ad incassarne ca. 6800 € /abitante (407 mld € / 60 mln abitanti). Quindi dalle tasche degli italiani mancano mediamente 2100 € che però non entrano nelle casse dello Stato, ma rimangono in quelle degli evasori. 
Provando a disaggregare il tutto in base ai dati disponibili, si evidenzia quanto segue:
Le entrate fiscali complessive attuali dell’Italia (407 mld di €) derivano per 218 mld € (54%) da tassazione diretta - IRE, IRES, ecc. -  e per 189 mld di € (46%) da tassazione indiretta - principalmente, l’IVA - (dati 2010, fonte: http://www.banknoise.com/2011/09/le-entrate-tributarie-in-italia.html ). Adottando la stessa proporzione alle imposte evase (127 mld €) , risulterebbe quindi che 58mld di € riguarderebbero le imposte indirette (principalmente, l’IVA) e 67mld di € le imposte dirette (cioè IRE, IRES, ecc.).
Partendo dal concetto che “per detrarre le tasse bisogna pagare le tasse” (applicazione pragmatica dello slogan “pagare tutti per pagare meno”?), secondo me i provvedimenti da prendere - in simultanea - sono due: abbassare l’uso del denaro contante a €100 e istituire la detraibilità (a scalare, secondo le fasce di reddito, per es. dal 35 al 20% dell’imponibile, per una media ponderata di ca. il 25%) di tutte quelle spese non classificate come “beni e servizi di consumo”  ma strumentali al dignitoso vivere (quindi, dall’idraulico al meccanico, dall’affitto di casa al dentista, ecc.) pagati con strumenti “tracciabili” (bonifico, bancomat, carta di credito, ecc.). Resta inteso che, in parallelo, andranno azzerate le commissioni bancarie sui pagamenti elettronici e va consentito agli operatori (esercenti, banche, artigiani, ecc.) di detrarre fiscalmente i costi di acquisto, noleggio, manutenzione e gestione dei sistemi di incasso elettronici in quanto beni e servizi strumentali all’impresa.
In questo modo, il cittadino avrebbe tutto l’interesse a pretendere sempre lo scontrino, la ricevuta  e/o la fattura fiscale dal fornitore di beni e/o servizi.
I risultati di ciò sarebbero evidenti già nel breve periodo:

incremento del PIL ( solo grazie all’emersione del “nero”) da 1600 mld di € a ca. 1890 mld di € (+18%) ;

abbattimento del rapporto debito/PIL dal 120% a ca. il 100%;

incremento delle entrate fiscali pari a ca. 108 mld € (58mld € da imposte indirette=100%; 50mld € da imposte dirette = 75%ca. al netto delle detrazioni);

azzeramento del rapporto deficit/PIL (attualmente al 4,5% cioè -72 mld €, fonte: Eurostat, dati 2010)
Il tutto con conseguenze “virtuose” significative. Per esempio, in termini di spread e miliardi di € risparmiati da sempre minori interessi sul debito, che potrebbero essere destinati agli investimenti per la crescita, lo sviluppo (di infrastrutture e servizi),la formazione, il welfare e l’equità fiscale e sociale. Oltre che un significativo abbattimento della pressione fiscale sul lavoro e le imprese, a tutto vantaggio della competitività internazionale del nostro Paese.

Sarò forse un ingenuo utopista, ma io sono convinto che l’Italia ha tutti i numeri per essere protagonista positivo nel mondo. Certo, con alcune condizioni imprescindibili: basta corporazioni, liberalizzazione delle professioni, nuova legge elettorale con “preferenze” e ineleggibilità di indagati e/o condannati, abolizione delle provincie e dei comuni sotto i 5000 abitanti, basta “caste, cricche e mangiatoie” varie  e quanto mina la credibilità e la dignità degli italiani e delle istituzioni che li rappresentano.

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