mercoledì 27 ottobre 2010

malanova



Possiamo far finta che queste sono le "storie degli altri", che non ci interessano, che sono la classica "eccezione che conferma la regola". Possiamo convincerci che questa è una  di quelle storie "sconosciute e lontane". In un mondo in cui tutto finisce nel tritacarne mediatico, possiamo anche convincerci che sia frutto di una mente creativa che non trova di meglio per farsi notare...
Ma ciò che non possiamo negare (e negarci) è che questa è una voce che urla rispetto e dignità. Che getta una luce su un'altra sfaccettatura, oscura e malata, di quel diamante nero che è la nostra terra.
La storia in se è, appunto, una storia cruda e crudele allo stesso tempo. Ma il quadro, il contesto, è quello del quotidiano e della realtà di tanti luoghi della Calabria (e del Sud in generale). Leggere questa testimonianza, promuoverla direttamente sul territorio (per esempio, attraverso presentazioni pubbliche e pubblici dibattiti), secondo me, non sarebbe solo un gesto concreto di solidarietà nei confronti della protagonista (reale) di questa triste e bruttissima storia. Ma contribuirebbe a restituire dignità anche alla gente onesta e pulita della Calabria intera. A far sentire meno sole tutte quelle persone oneste, che vivono senza compromessi, con schiena dritta e testa alta, una realtà (questa sì, a tutti i livelli) compromessa. 

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